Letture matematiche: Beffe, scienziati e stregoni. La scienza oltre realismo e relativismo

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Titolo Beffe, scienziati e stregoni. La scienza oltre realismo e relativismo
Autore Lolli Gabriele
Editore Il Mulino
Collana Saggi
Anno 1998
pp. 200
  È possibile sostenere che la matematica è solo una pratica sociale, e che gli scienziati creano i fatti? Gli scienziati sono ancora fermi alla teoria della verità di Aristotele, ultimo baluardo della modernità «imperialista»? E non differiscono in nulla dagli stregoni Azande? Alcune delle polemiche provocazioni che si lanciano a vicenda postmodernisti e realisti sembrano adombrare una distruzione della ragione, oltre che del buon senso. In questo volume, Gabriele Lolli riprende i termini essenziali della riflessione sulla natura della conoscenza scientifica quale si è svolta a partire dagli anni Trenta con il neopositivismo logico del Circolo di Vienna (Wittgenstein, Schlick, Carnap), cui fece seguito il suo superamento, a partire dagli anni Cinquanta, ad opera di Quine, W. Sellars, N.R. Hanson. Sono poi considerati i contributi di Thomas Kuhn e Paul Feyerabend, fortemente influenzati dal secondo Wittgenstein, e le più recenti posizioni della sociologia della scienza, che pervengono al relativismo radicale di Bloor e Latour, e al multiculturalismo postmodernista. Si delinea così un panorama sintetico della filosofia della scienza contemporanea in cui l'autore, con pungente spirito critico, ci fa comprendere come si sia arrivati a certe degenerazioni: si pensi all'articolo, pieno di sciocchezze e scritto per beffa dal fisico Sokal, che ha potuto essere preso per buono e pubblicato su una nota e impegnata rivista di «social studies».
Biografia Gabriele Lolli insegna Logica matematica presso l'Università di Torino. Tra i suoi libri: "Teoria assiomatica degli insiemi", Bollati Boringhieri (1975); "Lezioni di logica matematica", Bollati Boringhieri (1978); "Introduzione alla logica formale", Il Mulino (1991); "Cos'è la logica matematica. Filosofia della logica", Muzzio (1992); "Incompletezza. Saggio su Kurt Gödel" (1992); "Dagli insiemi ai numeri", Bollati Boringhieri (1994).
Recensioni recensione di Vineis, P. L'Indice del 1999, n. 03 Parafrasando la celebre frase di Dostoevskij, si potrebbe dire che per molti scienziati "Se il fatto non c'è, tutto è permesso". La progressiva scomparsa dei "fatti" dall'orizzonte della filosofia della scienza dell'ultimo secolo ha indotto reazioni preoccupate (come in questo libro di Lolli) o stizzite da parte di molti scienziati. La scomparsa dei fatti, come documenta analiticamente Lolli, è avvenuta seguendo due filoni, l'uno filosofico e l'altro sociologico (in realtà variamente intrecciati fra loro). Il filone filosofico di critica della scienza può essere ricondotto alla cosiddetta "svolta linguistica" inaugurata da Wittgenstein, alla rinuncia cioè a trovare il significato delle proposizioni protocollari in una corrispondenza univoca con i fatti, per sottolineare invece il radicamento del significato nell'uso del linguaggio e nelle "forme di vita". La relativa cripticità del Wittgenstein delle Ricerche filosofiche ha dato origine a una molteplicità di interpretazioni, non tutte plausibili. Al secondo Wittgenstein va comunque fatta risalire una delle radici della filosofia della scienza post-analitica, quella, per intendersi, di Kuhn e di Feyerabend. Un'altra radice è di natura storica; Kuhn, in particolare, fu molto influenzato da una singolare e interessante figura di storico della medicina, Ludwik Fleck. Il secondo filone di critica della scienza è sociologico, e deriva abbastanza naturalmente dal primo: se il significato delle proposizioni scientifiche non è dato dal confronto con fatti esterni, ma dall'uso concreto in una comunità linguistica, studiare la logica della scienza diviene studiare comportamenti e relazioni interne delle comunità scientifiche. Il filone sociologico ha raggiunto probabilmente la sua massima espressione con Bruno Latour (cfr., a pagina 28 di questo numero, la recensione all'edizione italiana del famoso Science in action). Latour ha passato alcuni anni in laboratori di fisiologia, comportandosi come un antropologo "tra i selvaggi", cioè supponendo di osservare una comunità che si avvale di simbolismi e regole linguistiche a lui sconosciute. Lolli riassume, in un modo talora un po' criptico, le posizioni dei principali esponenti dei due filoni. Nel suo riassunto non nasconde una certa irritazione verso quelle che ritiene operazioni nichiliste, superficiali e talora un po' fanfarone. Non si può negare che in taluni casi la sua irritazione sia giustificata: non tutti gli scritti di Latour, per esempio, sono limpidi e onesti, mentre Feyerabend si divertiva a lanciare provocazioni. Tuttavia, mi sento di rimproverare a Lolli due atteggiamenti. Il primo è di sbarazzarsi un po' troppo frettolosamente di alcuni autori - come Wittgenstein - e di alcuni temi - come il rapporto tra fatti e teoria. Wittgenstein viene liquidato, tra pagina 145 e pagina 151, con l'epiteto di "Dr. Jekyll e Mr. Hyde" (per via della sua doppia personalità: ispiratore del neo-positivismo prima e del nichilismo post-modernista poi): ma non sarà il nostro secolo, e la scienza da esso espressa, a manifestare nei fatti questa doppiezza, da Wittgenstein incarnata in modi anche drammatici? Può darsi, come sostiene Lolli, che Wittgenstein abbia torto sulla logica e che non abbia capito il teorema di Gödel. Tuttavia dalle pagine di Lolli non si comprende esattamente né perché abbia torto né che cosa possa sostituirsi ai suoi errori. Il secondo aspetto che mi sento di contestare a Lolli è il fatto di passare sotto silenzio che molti degli autori da egli accomunati nella critica del post-modernismo relativista avevano una conoscenza talora approfondita di alcune pratiche scientifiche: Wittgenstein da giovane era un ingegnere aeronautico, e aveva anche partecipato ad alcune attività di ricerca medica a Newcastle; Feyerabend aveva studiato fisica e astronomia; Latour ha passato anni nei laboratori (seppure da antropologo). Dalla superficialità o astrattezza di alcune loro affermazioni non è lecito ricavare un'immagine di studiosi dilettanteschi della scienza. Una delle tesi di fondo di Lolli è che i critici della scienza si avvalgono troppo spesso di un discorso obliquo anziché descrivere direttamente che cosa è la scienza: "non sarebbe meglio ascoltare direttamente cosa dice la scienza?". Qui i casi sono due: o la critica della scienza si basa su un "sentito dire", su conoscenze riportate e approssimative - ma non credo che questo possa essere attribuito per esempio a Kuhn. Oppure si postula l'esistenza di un linguaggio universale che consente non solo alla comunità degli esperti, ma anche ai filosofi, ai sociologi e, più in generale, ai non addetti ai lavori, di avvicinarsi direttamente e correttamente a ciò che dice la scienza. In effetti, uno dei bersagli polemici maggiori di Lolli sono le traduzioni: "quando si dice che cosa dice la scienza, si pretende di fare una traduzione in un linguaggio comprensibile". Ma fare traduzioni mi pare inevitabile: io stesso, nella mia attività di ricerca, devo comprendere in modo approssimato e indiretto (tradotto) linguaggi di altre discipline scientifiche. La struttura del Dna è stata scoperta dalla collaborazione tra biologi, fisici e chimici: come potevano intendersi in assenza di traduzioni? Ciò che risulta dall'osservazione di una lastra da parte di un radiologo non è una descrizione, ma una thick description: questa implica il riferimento a concetti fisici sulla radio opacità dei diversi tessuti, cioè una entrance knowledge, una conoscenza complessa a priori che fa essa stessa parte integrante dell'osservazione (e infatti il profano concorda con l'interpretazione solamente se il medico, nel mostrare le "macchie sulla lastra", gli trasmette al contempo l'entrance knowledge). Può darsi, come sostiene Lolli, che il linguaggio unificante della scienza sia la matematica, e che questo riferimento forte ci salvi dalle traduzioni e dalle approssimazioni dei sociologi; questo io non sono in grado di valutarlo, anche se mi pare che in scienze come la biologia e la medicina l'applicazione della matematica sia abbastanza marginale rispetto a teorie complesse come la teoria dell'evoluzione o quella dell'omeostasi. Per tornare alla domanda da cui siamo partiti, è proprio vero che se non ci sono i fatti tutto è permesso? Il libro di Lolli inizia con il raccontare la famosa beffa di Sokal, un fisico che si è fatto gioco della comunità dei sociologi scrivendo un falso articolo in linguaggio post-modernista che una nota rivista di social studies gli ha pubblicato. L'articolo era pieno di errori marchiani in campo scientifico, che non sono stati riconosciuti dal comitato editoriale. Viene da chiedersi se un sociologo non potrebbe egualmente beffare gli scienziati naturali, scimmiottando il loro linguaggio e sostenendo tesi assurde (mi chiedo anzi se questo non si sia già verificato). Quello che dimostra la beffa di Sokal non è il fatto che il discorso obliquo post-modernista tende a sostituirsi al discorso diretto, ma, al contrario, che le traduzioni di cui disponiamo sono ancora imperfette e suscettibili di gravi incomprensioni. L'obiettivo non mi pare quello estremo e un po' ingenuo di abolire le traduzioni ma, casomai, di affinarle. Una soluzione elegante alla "scomparsa dei fatti" è quella suggerita da Devitt a proposito della incommensurabilità delle teorie: le teorie continuano a essere commensurabili e confrontabili (contrariamente a quanto sostenuto da Feyerabend) non perché le ancoriamo ai fatti, ma attraverso una "permanenza parziale" degli oggetti. La continuità del riferimento empirico da una teoria all'altra non è una questione "tutto o niente", ma piuttosto di parziale traduzione: gli oggetti designati nella teoria della relatività non sono esattamente gli stessi della fisica classica, ma sono a essi riconducibili in modo esatto nonostante la traduzione.

Dello stesso autore:

Lolli Gabriele,  Numeri. La creazione continua della matematica,  Bollati Boringhieri, Nuova cultura. Introduzioni, 2015

Lolli Gabriele,  Beffe, scienziati e stregoni. La scienza oltre realismo e relativismo,  Il Mulino, Saggi, 1998

Lolli Gabriele,  Capire la matematica,  Il Mulino, Saggi, 1996

Lolli Gabriele,  Da Euclide a Godel,  Il Mulino, , 2004

Lolli Gabriele,  Dagli insiemi ai numeri,  Bollati Boringhieri, Didattica. Proposte ed esperienze, 1994

Lolli Gabriele,  Discorso sulla matematica. Una rilettura delle Lezioni americane di Italo Calvino,  Bollati Boringhieri, Temi, 2011

Lolli Gabriele,  Filosofia della matematica. L'eredità del Novecento,  Il Mulino, Saggi, 2002

Lolli Gabriele,  Guida alla teoria degli insiemi,  Springer Verlag, Convergenze, 2008

Lolli Gabriele,  I teoremi di incompletezza,  Il Mulino, , 2019

Lolli Gabriele,  Il fascino discreto della matematica. Calvino, l'Oulipo e Bourbaki,  ETS, Analitica, 2021

Lolli Gabriele,  Il riso di Talete. Matematica e umorismo,  Bollati Boringhieri, Variantine, 1998

Lolli Gabriele,  La crisalide e la farfalla. Donne e matematica,  Bollati Boringhieri, Variantine, 2000

Lolli Gabriele,  La guerra dei trent'anni (1900-1930). Da Hilbert a Gödel,  Edizioni ETS, Analitica, 2011

Lolli Gabriele,  Matematica come narrazione,  Il Mulino, Intersezioni, 2018

Lolli Gabriele,  Matematica in movimento. Come cambiano le dimostrazioni,  Bollati Boringhieri, Nuova cultura, 2022

Lolli Gabriele,  QED. Fenomenologia della dimostrazione,  Bollati Boringhieri,  Saggi scienze, 2005

Lolli Gabriele,  Se viceversa. Trenta pezzi facili e meno facili di matematica,  Bollati Boringhieri, Saggi. Scienze, 2014

Lolli Gabriele,  Sotto il segno di Godel,  Il Mulino, , 2007

Lolli Gabriele,  Tavoli, sedie, boccali di birra. David Hilbert e la matematica del Novecento,  Cortina Raffaello, Scienza e idee, 2016