Titolo | Il genio dei numeri. Storia di John Nash, matematico e folle | |
Autore | Nasar Sylvia | |
Editore | Rizzoli | |
Collana | Sagg stranieri | |
Anno | 2000 | |
pp. | 442 | |
Il libro è la biografia di John Forbes Nash Jr. scritta da una giornalista economica del New York Times. La sua vita accademica ha inizio con la definizione del cosiddetto "equilibrio di Nash", quando il futuro matematico, allora studente dell'Università di Princeton, dà un contributo fondamentale allo sviluppo della teoria dei giochi. Nel 1944 riceve, insieme ad altri due studiosi il premio Nobel per l'economia. Fin qui sembrerebbe una normale biografia di uno scienziato di successo. Ma la vita di Nash non ha nulla di normale e la sua mente precipita nei cupi abissi della schizofrenia. Una biografia che sembra quasi un romanzo. Nel 1949 John Forbes Nash ha ventun anni ed è un eccentrico studente di matematica, giunto con una borsa di studio a Princeton dalla natia West Virginia. Nelle ventisette paginette della sua tesi di dottorato dà un contributo fondamentale, con la definizione del cosiddetto "equilibrio di Nash", allo sviluppo della teoria dei giochi, che col passare degli anni troverà applicazione nei campi più svariati, dalla strategia militare all'economia. Nel decennio seguente, insegnante al MIT di Boston, Nash consacra la sua mente straordinaria alla soluzione di problemi che spaziano dalla teoria dei numeri alla cosmologia, producendo alcuni dei più profondi esempi di indagine matematica di questo secolo. Nel 1994 riceve insieme ad altri due studiosi il premio Nobel per l'economia. Ma la sua personalità, da sempre improntata a uno spirito competitivo e all'ambizione, subisce un duro colpo in seguito all'assegnazione a René Thom della medaglia Fields (l'analogo del premio Nobel per la matematica). Le cocenti delusioni amorose lo portano definitivamente al tracollo e nel giro di pochi mesi è costretto in un istituto per malati mentali. Nash subisce delle vere e proprie "torture" da cui però riesce a fuggire in più occasioni. Per trent'anni vaga tra cliniche, manicomi e università, perduto a se stesso, alla matematica, alla vita. La sua guarigione spontanea dalla malattia mentale sembra il finale romanzesco di una vita trascorsa tra mille traversie. | ||
Recensioni | recensioni di Marano, A. L'Indice del 1999, n. 11 John Nash, premio Nobel per l'economia 1994, è personaggio che suscita curiosità per almeno due motivi: il numero di volte che gli economisti ne usano il nome, in riferimento al concetto base di equilibrio della teoria dei giochi, e la schizofrenia che, dalla fine degli anni cinquanta fino alla guarigione, nei primi anni novanta, annichila lo spirito di Nash, creando la fama nel mondo accademico di questo spettro che si aggira per l'università di Princeton tracciando oscuri messaggi sulle lavagne dell'istituto di matematica. La biografia scritta dalla giornalista del "New York Times" Sylvia Nasar permette di soddisfare la curiosità ma si rivela anche un ottimo contributo di storia del pensiero scientifico ed economico nel secondo dopoguerra. Il libro descrive nitidamente il clima nella comunità matematica negli Stati Uniti negli anni cinquanta, nella quale operano personaggi quali Johann von Neumann, Albert Einstein, Kurt Gödel, Robert Julius Oppenheimer, Norbert Wiener, John Milron, Harlow Shapley: personaggi, questi, che Nash incontra e con i quali si confronta, come studente a Princeton e nei suoi anni di ricerca alla Rand Corporation, all'Mit, al Courant Institute della New York University, e, infine, di nuovo a Princeton. Anche se amico di molti economisti, Paul Anthony Samuelson e Robert Solow fra gli altri, Nash è un matematico, non un economista. È però dalla ricerca matematica degli anni quaranta e cinquanta che emergono le basi dell'approccio formalizzato alla teoria economica, che verrà sviluppato in Theory of Games and Economic Behavior (1944) di Johann von Neumann e Oskar Morgenstern, nei contributi di Kenneth Joseph Arrow e Gérard Debreu, in Foundations of Economic Analysis (1947) di Paul Anthony Samuelson. Un approccio fondato metodologicamente sul modello assiomatico matematico, dunque prevalentemente astratto e basato, a differenza delle scienze sperimentali, sulla ricerca individuale piuttosto che di gruppo. Un modo di fare scienza che stimola individualismo e spirito competitivo, del quale Nash fornisce una rappresentazione estrema. Lo spirito individualista di Nash sembra vicino a quello della destra anarchica americana. Il rifiuto di qualunque autorità o dimensione sociale che non sia quella individuale è in lui così forte da portarlo a fare di tutto per evitare la leva nel periodo della guerra di Corea; la mera possibilità teorica della coscrizione ne sconvolge così tanto la mente da portarlo, dieci anni dopo, a tentare di rinunciare alla stessa cittadinanza americana, e a chiedere asilo politico alla Svizzera. Ma anche nel comportamento nei confronti del proprio figlio naturale Nash mostra un individualismo estremo, rifiutandosi di contribuire al suo mantenimento, pur pretendendo al tempo stesso di non rinunciare alla relazione con la madre. E anche nella rinuncia alla tenure, appena ottenuta all'Mit, nel periodo iniziale della sua pazzia, sembra di leggere, più che altro, la volontà e convinzione di poter fronteggiare da solo il mondo, al di fuori di qualunque appartenenza. Individualismo e competizione vanno di pari passo. Il lavoro probabilmente più rilevante di Nash, del 1956, è frutto di una scommessa. E molte fra le cause richiamate come possibili spiegazioni del suo cadere in preda alla schizofrenia sono prettamente competitive: lo scoprire che nel 1957 De Giorgi ha pubblicato, qualche mese prima di lui, "in the most obscure journal imaginable", un importante risultato di continuità per sistemi di equazioni non lineari paraboliche; la mancata vittoria, nel 1958, della Fields Medal, uno dei più importanti riconoscimenti per matematici; l'aver cercato inutilmente, nello stesso anno, di provare la congettura di Riemann. Ingrediente indispensabile per il successo è la fiducia in sé stessi e Nash - o "G-Nash", il suo nomignolo all'Mit, dove "G" sta per "genio" - ne dispone in abbondanza; basta a dimostrarlo il fatto che egli, allora studente di primo anno di PhD a Princeton, vada a parlare con Einstein per spiegargli come correggere la relatività, per farsi rispondere "beh, forse è il caso che prima studi un po' di fisica". Ma Nash considera lo studiare cosa fanno gli altri una perdita di tempo, un distogliere la mente da compiti più alti; tutto quanto serve è un problema aperto e l'assicurazione, da parte della comunità accademica, che sia rilevante. Quale genere di scienza può avere bisogno del tipo di genio di cui Nash dispone? Questo tipo di approccio, necessariamente deideologizzato e astorico, progressivo e formalizzato, è ben rappresentato dalla Rand Corporation. La Rand può essere considerata un vero e proprio laboratorio nel quale il moderno approccio alla teoria economica ha origine e si diffonde. Il capitolo sulla Rand potrebbe a ragione essere titolato: "Economics: un sottoprodotto della guerra fredda". La Rand viene creata nel secondo dopoguerra, finanziata dall'aviazione americana, con l'obiettivo di produrre "high-quality, objective research on national security issues". Di fatto è uno degli strumenti attraverso i quali i rapporti fra militari e mondo accademico, iniziati durante la seconda guerra mondiale, vengono istituzionalizzati. Il problema della Rand è la guerra fredda, in particolare lo studio di praticabilità, effetti e ritorsioni di un eventuale primo attacco atomico. Il suo approccio è tecnico-scientifico e iper-razionale. La Rand ha apprezzato moltissimo il contributo di teoria dei giochi di von Neumann, ma più promettente ancora risulta il contributo di Nash, che permette di sviluppare la teoria dei giochi non cooperativi e a somma non nulla, superando alcune delle limitazioni implicite nell'approccio di von Neumann. Attorno alla Rand ruotano appunto economisti e teorici dei giochi del calibro di von Neumann, Nash, Shapley, Samuelson, Simon, Arrow. Il teorema di impossibilità di Arrow ad esempio è frutto di un assignment della Rand: la teoria dei giochi tratta di individui, ma la Rand la usa per trattare di nazioni, insiemi di individui. Come è logicamente possibile passare da individui a nazioni? Dopo qualche tentativo, Arrow decide che dev'essere impossibile, cosa che lo porterà alla dimostrazione del suo teorema. Dalla Rand Nash è espulso ai tempi del maccartismo; non per attività antiamericane, quanto per sospette tendenze omosessuali, essendo gli omosessuali considerati più facilmente ricattabili dalle intelligences del blocco comunista. Quanto la fiducia di Nash in se stesso sia mera apparenza è difficile dire, fatto sta che la tensione competitiva lo porta alla schizofrenia e a conoscere per diretta esperienza, a partire dal 1959, un buon numero di ospedali e cure psichiatriche, fra cui il coma insulinico e (forse) l'elettroshock. Ma nella sua stessa schizofrenia mostra l'interiorizzazione piena del modello della Rand. Nash si nomina imperatore dell'Antartide, convoca un governo mondiale, vaga per l'Europa cercando di ottenere asilo politico, diventa ossessionato dalla numerologia, alla disperata, continua ricerca di un significato razionale in tutto. L'approccio perseguito dalla Rand si afferma, fino a diventare mainstream in buona parte della teoria economica, nei successivi quarant'anni. È da tale affermazione che origina nel 1994 il Nobel a Nash, Reinhard Selten e John Harsanyi. Un'affermazione non pacifica, della quale lo scontro all'interno dell'accademia svedese tra Assar Lindbeck e Ingemar Stahl, descritto dall'autrice, è solo uno dei tanti esempi. Sostanzialmente Nash è un matematico che ha operato in quel territorio di frontiera fra matematica ed economia dal quale si è sviluppato il moderno approccio astratto e formalizzato. È merito del libro mettere in luce tale humus, con tanto di caratterizzazioni, pregiudiziali e scelte metodologiche, in maniera equilibrata, favorita dal fatto che l'autrice, non essendo un'accademica, non ha posizioni da difendere a priori. |