Letture matematiche: Complessità. Uomini e idee al confine tra ordine e caos

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Titolo Complessità. Uomini e idee al confine tra ordine e caos
Autore Waldrop Morris Mitchell
Editore Instar Libri
Collana Saggia/Mente
Anno 1996
pp. 589
  Scienziato e giornalista Waldrop racconta in questo romanzo-inchiesta passioni, ossessioni e vicissitudini dei membri fondatori dell'lstituto di Santa Fé in New Messico, dove Premi Nobel come Murray Gell-Mann e Kenneth Arrow, insieme con ricercatori all'avanguardia come Stuart Kauflman e Chris Langton, hanno rivoluzionato la scienza elaborando la cosiddetta "teoria del caos".
Recensioni recensione di Morchio, R., L'Indice 1995, n.10 Non è certo il primo libro che mi capita di recensire, eppure in pochi casi mi sono sentito cosi perplesso nel decidere quale dovesse essere la chiave di lettura del libro stesso. E non è certo colpa dell'autore (o del traduttore), ché anzi si tratta di un testo di agevole e piacevole lettura. Il fatto è che sembra quasi che l'autore si sia divertito a mettere insieme, in una sorta di collage, addirittura tre libri diversi, anche se rivolti ad argomenti connessi. Un lettore inesperto in fatto di ricerca scientifica e non al corrente dei nomi dei ricercatori contemporanei più noti, potrebbe benissimo pensare di leggere un romanzo, un po' fantastico, in cui si racconta la storia di uno strano istituto di ricerca in cui scienziati un po' strani studiano cose ancora più strane in un vecchio convento nel New Mexico, una specie di monastero del "Nome della Rosa" in formato ridotto. E in un certo senso è un romanzo; un racconto sulla nascita e la vita di un istituto reale, anche se molto poco convenzionale, frequentato da scienziati altrettanto reali. E un competente di cose scientifiche e di scienziati potrebbe benissimo leggere il libro come una collezione di biografie di alcuni uomini di scienza, scelti tra i più innovativi e anticonvenzionali. E anche costui avrebbe ragione. Alcune figure, talune anche ai limiti della "stravaganza" (uno di essi suona la chitarra, studia filosofia e quasi si ammazza col deltaplano), risaltano nette e sono colte nelle loro più peculiari caratteristiche. E infine, di fronte alla descrizione delle teorie che nascono e che si confrontano, all'esposizione articolata di esse, all'enumerazione delle ricerche e delle simulazioni al calcolatore per giustificarne il fondamento, un lettore interessato all'informazione scientifica leggerebbe forse il libro, e a ragione, come una "divulgazione" scientifica di alcune tematiche recenti e di confine nella ricerca. Devo dare atto all'autore che questa sorta di 'mix' dei tre libri ipotetici è riuscita molto bene. L'unica pecca è forse data dalla lunghezza. Circa 600 pagine di testo non sono certo poche, anche se gli argomenti sono senza alcun dubbio di grande interesse. Ma di che si tratta, in sostanza? Come è noto, in questi ultimi anni il problema dei sistemi complessi, in grado di auto-organizzarsi, si è andato imponendo all'attenzione degli scienziati. Per lungo tempo era sembrato quasi un problema privato dei biologi, ma gradualmente ci si rese conto che sistemi complessi esistevano in ogni campo, anche se con caratteristiche diverse. L'atmosfera lo è, lo è un sistema economico, ma sistemi complessi si trovano anche nell'ambito della fisica e della chimica. Ricerche recenti in vari campi hanno non solo mostrato la loro "legittimità" naturale, ma hanno indicato strumenti concettuali utili per affrontarne lo studio, così la termodinamica di non-equilibrio in regine non-lineare alla Prigogine, la teoria delle catastrofi alla Thom, le nuove geometrie frattali, la cosiddetta dinamica non lineare, ecc. Inoltre ci si rese conto che, al di là della differenze particolari, tutti i sistemi complessi hanno caratteristiche comuni, per esempio quella di essere sistemi non in equilibrio, o quella di far risultare molto improbabile la loro origine come conseguenza delle sole leggi del caso, per il numero enormemente grande delle combinazioni possibili. Allora perché non studiarli globalmente, in modo interdisciplinare, cercando di identificare ciò che hanno in comune e per ciò stesso le caratteristiche essenziali e i meccanismi che ne giustificano l'origine? Ecco il senso e le ragioni della nascita dell'Istituto di Santa Fe (New Mexico), dedicato allo studio dell'origine e della dinamica dei sistemi complessi. Fondato nel 1984 dal fisico George Cowan, ha visto tra i suoi più noti scienziati attivi i premi Nobel Murray Gell-Mann (fisico delle particelle), l'economista Kenneth Arlow e il fisico dello stato condensato Philips Anderson. Ma molti altri ricercatori importanti hanno lavorato presso l'Istituto. Tra gli altri meritano di esser ricordati l'economista Brian Arthur, il biologo Stuart Kauffman, l'informatico John Halland, il biologo matematico Chris Langton, ecc. Naturalmente non stupisce che con questi nomi non sia difficile costituire un istituto, stupisce di più che per un'istituzione senza immediate prospettive di realizzazioni pratiche sia stato possibile raccogliere somme ingenti anche da privati. Non è certo nel breve spazio di una recensione che si possono riassumere le teorie di cui si discute nel libro, n‚ tanto meno prospettarne una valutazione critica. Basti citare, a titolo di esempio, i lavori di Kauffman sui circuiti genetici. Partendo dal fatto che un certo numero di geni (regolatori) possono controllarne altri, che possono così essere "accesi" o "spenti" (in funzione o silenti), l'apparato genetico può essere schematizzato proprio come un complesso circuito genetico. L'autore si chiede quali probabilità ci sono che un tale circuito si comporti in modo coerente e stabile e che se ne possa derivare una qualche forma di organizzazione. Kauffman trova, in sostanza, che se la connettività (nelle sue simulazioni studiò reti con solo due ingressi in media per gene) non è n‚ troppo bassa, n‚ troppo alta, il sistema tende a un qualche stato stabile, o a cicli, evitando un comportamento caotico (ma chi decide in natura quali debbano essere le connessioni, se non quel "caso" che si vuole evitare?). A Holland si deve uno studio sui processi adattativi nei sistemi complessi (ad esempio in economia), in cui una rete di agenti operanti in parallelo competono e cooperano. Tali sistemi devono continuamente riesaminare e riordinare strutture e programmi e fare previsioni. £ Non sono quindi mai in equilibrio e non realizzano mai una totale ottimizzazione. Infine a Langton si devono studi sulla "vita artificiale", utilizzando il formalismo degli automi cellulari di Stanislaw Ulam. Le regole che danno gli stati di transizione in alcuni casi danno sistemi che crescono e sono stabili, in altri casi no. L'autore trova che le regole che funzionano, alquanto rare, stanno tra classi di regole che danno comportamenti stabili, ma congelati (come un cristallo), e classi di regole che danno sistemi totalmente caotici (come un liquido o un gas). Le regole interessanti riguardano dunque sistemi che assomigliano a una transizione di fase (Langton si riferisce alle transizioni di fase del second'ordine). La vita sarebbe insomma caratteristica di sistemi sempre instabili, che esistono al margine del caos. Si tratta di un libro di grande interesse che affronta ricerche di confine, in cui si comincia a intravvedere qualcosa, ma in cui molto resta da fare. Gli uomini di scienza troveranno nel libro spunti interessanti sulla genesi di certe idee, spunti che generalmente si perdono nella lettura dei lavori formali (l'autore del libro ha condotto ampie interviste con gli scienziati in causa). Chi non è scienziato non dovrebbe perdere l'occasione di farsi un'idea su ciò che si comincia a fare sui sistemi complessi, che costituiscono probabilmente una delle maggiori sfide del nostro tempo. Tanto più che, con questo libro, lo può fare senza eccessivo sforzo (nelle 600 pagine di testo non c'è nemmeno una formula matematica). Non so se un lettore colto, ma non scienziato, avrà la pazienza di arrivare in fondo alle 600 pagine del libro. So però con certezza che chi avrà la pazienza necessaria non resisterà alla tentazione di saperne di più sull'argomento e di cercare su di esso altre letture. In fondo questo è il miglior elogio che si possa fare al libro.